martedì 27 marzo 2018

10 - Sull'orlo del baratro: dal principato al dominato



Non sono chiare le ragioni per cui Marco Aurelio, l'imperatore filosofo, interrompe la tradizione degli imperatori per adozione, che si era dimostrato un efficace strumento di selezione dei candidati alla guida dell'impero. Con la designazione di Commodo, suo figlio, si ritorna al principio di successione dinastica. Sull'oscurità che avvolge questa scelta e sulla sua apparente contraddizione con la profondità e saggezza di Marco Aurelio, Hollywood ha potuto costruire un colossal come Il gladiatore, immaginando un padre desideroso di restituire il potere al popolo di Roma e un figlio degenerato che si spinge fino al limite del parricidio.
Qualunque cosa sia successa allora, la solidità dell'impero romano nel III secolo si rivela più apparente che reale. La dinastia dei Severi si appoggia sull'esercito, favorendo sistematicamente un'istituzione che sempre più appare l'arbitro supremo dei giochi di potere.  Ad un certo punto, tra il IV e il V secolo, si potrà perfino dire che l'impero romano coincide con il suo esercito, tanto è smisurato nelle dimensioni e tanto è grande il suo potere di condizionamento nelle decisioni politiche: e il popolo sembrerà allora nato per servire l'esercito, non viceversa. Le casse dello Stato si svuotano e questi imperatori, paradossalmente, muoiono per mano dello stesso esercito che hanno blandito.
Durante la crisi del III secolo scoppia la gravissima crisi dell'anarchia militare. Decine di imperatori effimeri, acclamati immancabilmente dalle truppe, si affrontano sui campi di battaglia, senza quasi curarsi di insediarsi a Roma: sono impegnati in una lotta senza quartiere per affermare la propria autorità. Ne approfittano le popolazioni barbariche, che, in un'età di grandi migrazioni, dilagano entro i confini dell'impero, assediando, incendiando, depredando intere regioni. Si giunge fino al punto della secessione di grandi province che, non difese dallo Stato, si autoproclamano regni indipendenti: il regno delle Gallie e il Regno di Palmira. Aureliano fa erigere una cinta muraria intorno a Roma perché ormai nessun luogo sembra al sicuro.
Con gli imperatori illirici la stabilità viene ripristinata: fra questi, Diocleziano sembra quello più consapevole della gravità della situazione. Le sue riforme, che coinvolgono tutti gli aspetti dello stato, sono un tentativo disperato di ridare compattezza all'impero. A partire dalla riforma della tetrarchia, che intende stabilire con chiarezza le regole della successione, riproponendo in forma modernizzata la formula vincente degli imperatori per adozione.
Guardando indietro dalla nostra prospettiva, ci sentiamo di dire che quelle riforma si dimostrarono fallimentari. La rinascita dello Stato sarebbe passata attraverso un percorso ancora più radicale: la trasformazione di Roma in un impero cristiano.


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