lunedì 19 ottobre 2020

12 - Restaurazione: la Vienna dei Valzer e del Concerto europeo

 

Nella stagione che più ha dato un contributo di alto valore qualitativo alla grande civiltà musicale europea, si parla di 'concerto' non solo riguardo alla febbre di un nuovo ballo che impazza nelle corti di tutta Europa, da Parigi a Vienna, da Mosca a Londra, ma anche in relazione alla politica internazionale ed ai rapporti fra Stati, un tempo - in verità - alquanto burrascosi, o - sarebbe meglio dire - dissonanti. A usare questa terminologia sono i protagonisti della resistenza anti-napoleonica, gli ex compagni di cordate misogalliche, che ora si autodefiniscono encomiasticamente 'Grandi Potenze', assegnando a se stesse il compito di disegnare la nuova Europa. A guidarli è un obiettivo largamente condiviso: garantire un lungo periodo di pace e di prosperità dopo la pazza pazza sbornia della Rivoluzione francese e l'ancor più pazza e stravagante smania di conquista del generalissimo còrso che aveva scioccato e scandalizzato il Vecchio continente. Per realizzare questo nobile obiettivo ministri e dignitari dei Paesi vincitori si riuniscono a Vienna, nel castello di Schönbrunn, dove vengono piacevolmente accolti dal cancelliere von Metternich, il quale si incarica di organizzare una ragnatela di incontri bilaterali durante i quali ogni ipotesi viene vagliata ed ogni divergenza viene appianata. Un segno di maturità politica è quello di ammettere alla conferenza anche lo Stato-canaglia non ancora del tutto domato (i cento giorni di Napoleone, insieme a Waterloo, si consumano mentre il Congresso di Vienna è in corso), cioè la Francia, rappresentata politicamente dal suo ministro degli esteri Talleyrand. I lavori procedono sulla base di principi solidi: la necessità di un reintegro delle legittime dinastie sui rispettivi troni; l'importanza di disegnare un'Europa in cui non si materializzi l'ipotesi di uno stato nettamente più forte degli altri, tale da mettere in pericolo il bene più prezioso, cioè quell'equilibrio che è garanzia di pace; l'opportunità di un intervento precoce alla prima insorgenza di 'sintomi' rivoluzionari, con conseguente autorizzazione preventiva a violare i confini di stato. Pragmatica la scelta di affidare ad una polizia internazionale il compito di vigilare e intervenire con tempestività chirurgica in caso di insurrezione popolare e rischio contagio al resto dell'Europa. Nasce così l'alleanza che stringe insieme Austria, Prussia e Russia dopo lo scampato pericolo: e sarà la Santa Alleanza. Fraternamente i sovrani europei, imposti sul trono direttamente da Dio (secondo l'antica formula dell'alleanza trono-altare), si sostengono l'un l'altro promettendosi mutuo soccorso. L'Inghilterra non aderisce a questo fronte solo per ragioni ideologiche, ovvero perché non condivide il misticismo di una concezione del potere che a quelle latitudini si considera anacronistica. Nella patria del Parlamento e del liberalismo, in tumultuosa crescita economica sotto l'impulso della rivoluzione industriale, parlare di origine divina del potere pare un'assurdità. Ma l'Inghilterra si fa promotrice della Quadruplice alleanza che riassorbe la Santa, schierando gli uni accanto agli altri i regimi più retrivamente attaccati all'antico regime (Russia, Austria e Prussia) e quelli saldamente radicati nel sistema costituzionale e parlamentare. Del 1818 è la Quintuplice alleanza, con cui la Francia viene 'recuperata' dalla condizione di sorvegliato d'Europa a guardiano a pieno titolo del nuovo-vecchio ordine. 

Molto si è discusso se il Congresso di Vienna sintetizzi emblematicamente la cecità di un mondo che non accetta di essere giunto al suo tramonto e si arrocchi in posizioni indifendibili, sognando un impossibile ritorno al passato. Le idee non si cancellano - si è detto. Ma la storia sembra essere piena di epoche in cui le idee, se non proprio cancellate, finiscono per essere nascoste così bene da scomparire per secoli. Potremmo dedurne allora che l'aristocrazia del 1815 ha giocato le sue carte al meglio delle sue possibilità ed erano forse altre le forze che impedivano la Restaurazione: per esempio la stessa rivoluzione industriale, congiuntamente con l'affermarsi del sistema capitalistico. Se così fosse, il sistema di sorveglianza internazionale messo in piedi dalla Restaurazione avrebbe avuto il merito di garantire per alcuni decenni ancora (diciamo, allargandoci un po', fino al 1848) un ordine e una pace europea diversamente impossibili da mantenere. Dopo il 1848, però, il mondo delle parrucche incipriate e tutta l'aristocrazia d'Europa sembrano ormai comparse stonate in un concerto che suona una musica tutta diversa: quella delle nazioni, delle industrie, della febbre coloniale e della corsa alla democrazia...


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