lunedì 2 marzo 2020

10 - Potere al popolo: i francesi fanno la rivoluzione


La rivoluzione francese è un evento epocale della storia europea e, più in generale, di tutto l'Occidente, al punto che molti storici le attribuiscono un valore periodizzante quando affrontano il problema del trapasso dall'età moderna all'età contemporanea. Ma come tutte le date simbolo, anche il famoso 1789 si presta al rischio di essere caricato retrospettivamente di un significato enorme, che probabilmente ne amplifica esageratamente la portata e il significato. Una volta tanto, allora, proviamo ad avvicinarci ad esso in maniera inconsueta cimentandoci in un esercizio di demistificazione, che rimetta in primo piano tutti gli aspetti per i quali la rivoluzione francese può essere giudicata a buon diritto un prodotto del suo tempo, in perfetta continuità con idee, sensibilità, personaggi, episodi dell'età moderna.
La rivoluzione francese è in primo luogo la messa in discussione dell'assolutismo monarchico e la richiesta dell'emanazione di una carta costituzionale, che, negata dal sovrano, viene infine elaborata dai rappresentanti del Terzo Stato (tenendo in scacco il re e i delegati degli ordini privilegiati), ed imposta sostanzialmente con la forza. Un fatto, certo, straordinario se non fosse che lo scontro fra corona e popolo era già andato in scena nell'Inghilterra degli Stuart durante la prima rivoluzione inglese, quando il Parlamento aveva presentato la Petizione dei diritti ed infine, stanco dei giochetti di Carlo I, aveva deliberato di dotarsi di un esercito che garantisse con la forza delle armi la sopravvivenza di quella istituzione rappresentativa e l'incolumità dei suoi membri. Anche la Gloriosa Rivoluzione del 1688 aveva visto l'imposizione di una costituzione ad un sovrano, Guglielmo d'Orange, in questo caso addirittura come passaggio pregiudiziale all'ottenimento della corona.
La rivoluzione francese dà scandalo, poi, perché portò alla esecuzione del re e della regina, rispettivamente Luigi XVI e Maria Antonietta. Ma, ancora una volta, questo fatto era già avvenuto al termine della guerra civile inglese fra lealisti e teste rotonde, quando Carlo I Stuart fu fatto prigioniero, e il Parlamento non perse tempo ad accusarlo di alto tradimento e a decretarne la condanna a morte, che fu eseguita nel 1649.
Durante la rivoluzione francese fu il popolo a diventare protagonista della storia: è vero, ma ciò era già accaduto in passato, ad esempio durante l'ultima fase della guerra dei Trent'anni, nella stagione poi passata alla storia come età delle Fronde. In quella circostanza erano state le due nobiltà, quella antica 'di spada' e quella recente 'di toga', ad insorgere, ma ben presto erano state affiancate da bottegai, artigiani, lavoratori salariati, cioè quella parte di popolo che nel '700 sarebbe stata spregiativamente chiamata 'sanculotti'; e fu proprio il timore del popolo, ed in particolare delle possibili rivolte contadine, a convincere la nobiltà a chiudere il circuito rivoluzionario.
Il governo rivoluzionario incamerò i beni della Chiesa e decretò la nascita del clero di Stato: perché, Enrico VIII Tudor, con l'Atto di Supremazia del 1534, aveva fatto qualcosa di diverso?
Robespierre governò con il pugno di ferro e i metodi del terrore: Cromwell, in fondo, non aveva agito molto diversamente nei confronti del Parlamento, accuratamente epurato e a lui totalmente subordinato.
La rivoluzione francese fu un colpo mortale per l'aristocrazia: sì, ma la rivoluzione industriale lo fu forse ancor di più, perché introdusse l'unica distinzione che da quel momento in poi avrebbe veramente contato: quella tra capitale e lavoro.
La Costituzione del 1793 introdusse il suffragio universale maschile: vero, ma tale disposizione non fu mai applicata. Inoltre, in quanto ad affermazioni di principio, la Dichiarazione di indipendenza americana non era stata certamente meno radicale nel rivendicare l'eguaglianza degli uomini, arrivando addirittura a formalizzare lo sfuggente concetto di diritto individuale alla felicità.
L'esercizio potrebbe continuare a lungo, ma il senso appare ormai chiaro: gli eventi storici particolarmente significativi evidentemente esistono ed ha sicuramente senso utilizzarli come strumenti per delimitare porzioni discrete della storia umana, e tuttavia bisogna resistere alla tentazione di ingigantirli fino al punto di perdere le proporzioni della realtà per come essa poté essere vissuta da quanti non sapevano ancora di essere testimoni di una data simbolo, ma semplicemente credevano di vivere il tempo senza gloria della loro vita...

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