domenica 20 ottobre 2019

2 - Il mito delle 'origini': rifondare il cristianesimo tra utopia e incubo



Un fattore fondamentale di discontinuità storica fra Medioevo ed età moderna è l'evento traumatico della frattura della cristianità. Certo, a ben vedere la fine dell'universalismo cristiano si era già consumata nel lontano 1054, con quel Grande Scisma (o Scisma d'Oriente) che aveva prodotto due varianti di cristianesimo: quello 'del giusto credo', ovvero 'ortodosso', che faceva capo al patriarca di Costantinopoli e raccoglieva le Chiese orientali; e quello autoproclamatosi 'universale', cioè 'cattolico', che riconosceva il primato del papa di Roma e stringeva in un abbraccio fraterno le Chiese latine, ovvero quelle europee. Assodato che la frattura c'era stata effettivamente, ed era stata indubbiamente grave, rimane il fatto che per tutto l'alto e il basso Medioevo la Chiesa gioca la partita della grande istituzione ad ambizione universalistica. Presente in tutti i tavoli che contano, la Chiesa ambisce ad essere il banco che distribuisce le carte e stabilisce le regole, regole che consolidano la sua posizione e le concedono totale autonomia di movimento. E' - o vorrebbe essere - la grande burattinaia d'Europa. Ma la Chiesa era anche più di questo: era la fonte stessa dell'identità dei popoli europei. Se il Medioevo è il grande laboratorio degli stati nazione, ciascuno con la propria specifica identità, tale identità è plasmata a partire dalla grande matrice comune, quella cristiana. E per molto tempo conta di più il patto di solidarietà che stringe tra loro i cristiani di quanto non faccia il parlare una stessa lingua o essere sudditi di uno stesso re, duca o signore. E infatti la parola del papa viene ascoltata indistintamente in tutta Europa, come dimostra, ad esempio, il fenomeno storico delle crociate o alcuni episodi della lotta per le investiture, come la penitenza di Enrico IV a Canossa. La rottura di questo vincolo è dunque veramente un fatto epocale. Ma si tratta anche di un fatto improvviso, incomprensibile ed imprevedibile?
Se dovessimo rispondere basandoci sulla debolezza e sulla contraddittorietà della reazione della Santa Sede alle 95 tesi di Lutero, potremmo concludere che in effetti si è trattato di un evento sorprendente e in definitiva inconcepibile da un uomo di quel periodo storico. Può infatti apparire strano che la Chiesa non sia intervenuta in maniera decisa, vigorosa ed efficiente, come più volte aveva saputo fare in passato, ad esempio nella lotta contro gli imperatori tedeschi Federico Barbarossa o Federico II di Svevia.
Forti delle nostre conoscenze storiche e del proverbiale senno del poi, noi possiamo invece fornire un lungo elenco di segnali che facevano presagire il cammino che la storia stava imboccando. Eccone alcuni:

1) gli oltre 70 anni di cattività avignonese erano già stati un segnale inequivocabile della perdita di prestigio patita dalla Chiesa tardo medievale. La lunga parentesi avignonese si chiude solo per l'indebolimento della monarchia francese, impegnata nella guerra dei cent'anni, e nel peggior modo possibile: con un travagliato ritorno a Roma, pagato al prezzo di decenni di lotte intestine nel seno della Chiesa. Il grande e il piccolo Scisma d'Occidente evidenziano una drammatica fragilità di sistema, che genera una proliferazione di papi ed antipapi, lasciando i cristiani disorientati e costernati;
2) la confusione e lo sgomento favoriscono il fiorire di nuove eresie, che non si limitano a contestare la degenerazione della Chiesa come sistema di potere, ma investono il significato stesso e la funzione della Chiesa come istituzione  deputata ad intermediare i rapporti fra i fedeli e Dio. Le più note fra queste eresie sono quelle promosse in Inghilterra da John Wycliff e in Boemia da Jan Hus: eresie che avranno un grande e duraturo seguito;
3) anche gli intellettuali quattrocenteschi, nutriti di cultura umanistica, finiscono per muovere una critica serrata alle tradizionali manifestazioni di religiosità, che appaiono ai loro occhi forme superstiziose e basate su sovrastrutture e fraintendimenti dei testi sacri. Fra questi pensatori ha un ruolo di primo piano Erasmo da Rotterdam, che non è però l'unico;
4) c'è poi da ricordare tutta una sensibilità esasperata, che si esprime anche nei capolavori artistici dell'età rinascimentale: un'attesa millenaristica, che prevede un drammatico passaggio dell'umanità tra eventi apocalittici il cui annuncio è scritto nelle stelle. Gerolamo Savonarola è sicuramente un interprete di questa ossessione del peccato e di attesa del giudizio, che fa disperare della salvezza.

A noi che scriviamo 500 anni dopo i fatti di Wittenberg la strada della riforma appare spianata ed inevitabile: resta da chiarire se si tratti di realtà o di un potente effetto di deformazione prospettica...



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martedì 8 ottobre 2019

1 - ‘Storie dell’altro mondo’: incontri (e scontri) fra civiltà aliene



Tante sono le ragioni che spingono a considerare i decenni del tardo Quattrocento e del primo Cinquecento una fase decisiva per lo sviluppo della civiltà occidentale quale oggi la conosciamo: il fiorire in Italia della cultura umanistico-rinascimentale, che modifica in profondità la visione del mondo proponendo il paradigma di una cultura laica incentrata su una concezione forte dell'uomo, artefice del proprio destino, piccolo dio che plasma la Terra a suo piacimento sottoponendola ad una Genesi eternamente rinnovata; la rottura dell'unità cristiana da parte del protestantesimo, che ridimensiona le storiche ambizioni della Chiesa di giocare sul continente europeo il ruolo dell'istituzione universale; la caduta dell'impero bizantino, con la sua millenaria sapienza e la sua preziosa eredità culturale e religiosa; l'affacciarsi in Europa di un nuovo temibile avversario, i Turchi Ottomani, pronti a travolgere le difese europee indebolite dai conflitti interni, di natura territoriale e religiosa, fino a portare la loro minaccia alle porte di Vienna; l'affermarsi delle monarchie nazionali - Spagna, Portogallo, Francia, Inghilterra - quali nuove protagoniste della politica continentale, mentre il Sacro romano impero di nazione germanica rimane paralizzato nel labirinto delle proprie contraddizioni; e infine il tramonto della cavalleria, con il suo codice di comportamento e di valori, sostituita dalle nuove tecniche di combattimento, moderne e vigliacche, per le quali non fa più molta differenza l'eleganza del gesto e il coraggio dell'anima, quanto la possibilità di investire capitali in 'ricerca e sviluppo' intorno alle 'nuove tecnologie' (armi da fuoco, nuovi presidi difensivi, ecc.) e il disciplinato coordinamento dei reparti dell'esercito.
Ma certamente l'evento che segna nell'immaginario collettivo il trapasso dal Medioevo all'età moderna è l'inizio di una stagione febbrile di viaggi di esplorazione e di scoperta geografica. Cristoforo Colombo, Armando Diaz, Sebastiano Caboto, Amerigo Vespucci, Giovanni da Verrazzano, Antonio Pigafetta, Ferdinando Magellano, Pedro Alvares Cabral e molti altri navigatori e avventurieri si diedero a percorrere instancabilmente le vie del mare, dando un contributo fondamentale alla conoscenza del mondo e colmando una lacuna culturale che non era solo del Medioevo ma anche della coltissima Antichità. L'età delle scoperte geografiche fa fare alla civiltà europea un salto di qualità senza precedenti nella storia umana. Certo, non sarebbe corretto dire che il Medioevo ebbe orizzonti ristretti per tutti i mille anni della sua durata: d'altro canto, ai secoli di autoconsumo, di scomparsa delle città e di ritorno delle foreste e dei lupi, succedettero nel '200 gli straordinari decenni della Via della seta, che consentì a molti mercanti coraggiosi di alimentare i propri traffici da una parte all'altra del mondo. Ma è solo con il Cinquecento che la civiltà occidentale esce dal proprio spazio di incubazione, esporta se stessa e si radica in tutto il mondo in maniera irreversibile, mostrando di essere, fra le culture umane, quella evolutivamente più matura, ed anche quella più spregiudicata. Caravelle, galeoni e cannoni. Spirito di avventura, slancio utopico, ma anche pragmatismo, imposizione violenta, disumanità e schiavitù. Grandi navigatori e conquistadores avidi di ricchezze e assetati di sangue. Fa riflettere la sistematica distruzione di paesaggi e popolazioni messa in atto dagli europei nel momento dell'incontro col diverso, fermo ad uno stadio più arcaico del cammino evolutivo.
Era iniziato un processo lento ma inesorabile, quello che avrebbe portato, attraverso la corsa agli imperi coloniali, all'età del villaggio globale e della mondializzazione, che rimpicciolisce il mondo e avvicina le persone, ma impoverisce le diversità culturali, globalizza allo stesso tempo beni e flagelli, e contamina anche gli angoli più remoti del nostro piccolo, minuscolo pianeta...

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