venerdì 21 febbraio 2020

9 - L'èra del progresso: il tempo senza ritorno delle macchine


Viviamo nell'età delle macchine e la loro presenza nella nostra vita è così abituale da impedirci di comprendere fino in fondo la portata rivoluzionaria della loro introduzione nella civiltà umana. Il mondo senza macchine è semplicemente inimmaginabile: una realtà intollerabilmente lenta, infinitamente povera di beni materiali, tristemente limitata nelle prospettive, priva di quei minimi standard di benessere che sono oggi alla portata di tutti e che appaiono ai nostri occhi dei veri e propri diritti naturali. Sembra incredibile che la storia della nostra specie sia al 99,99% una storia senza macchine, o - per meglio dire - senza macchine capaci di valorizzare fonti energetiche alternative a quelle umane o animali. Le uniche sorgenti di energia alternativa a quella biologica usate per far funzionare delle macchine, in 4.700 anni di storia, sono state l'energia dell'acqua e del vento. Eppure, le conoscenze per avviare una rivoluzione industriale erano disponibili già nell'età dell'ellenismo, prima della nascita di Cristo, depositate nei dotti volumi delle grandiose biblioteche antiche, come quella di Alessandria d'Egitto, e addirittura tradotte in automi funzionanti con la forza del vapore. E' lecito dunque domandarsi che cosa sia mancato all'antichità, che sia stato invece presente nell'Inghilterra del XVIII secolo, per averle impedito di avviare, a beneficio del mondo, l'èra delle industrie dalla quale non siamo più usciti. Si tratta ovviamente di una domanda molto ardua, e che apre affascinanti scenari ucronici, ovvero di storia alternativa. Non possiamo infatti trattenerci dal fantasticare su come sarebbe ora il mondo se l'industrializzazione fosse iniziata con 17 secoli di anticipo. Proviamo allora a fare il punto.
Certamente la rivoluzione industriale non è stata solo un problema tecnologico, come dimostra il fatto che la catena di innovazioni molto spesso è  stata provocata dallo sviluppo industriale piuttosto che esserne la premessa: alludiamo qui al ben noto "effetto strozzatura", per cui l'aumento di efficienza di un passaggio produttivo si scontrava con l'inefficienza del passaggio precedente o successivo, e stimolava pertanto una rapida risoluzione della strozzatura. Questo fenomeno fu evidente nel settore che inaugurò la rivoluzione industriale, ovvero quello tessile, nel quale, a partire dall'invenzione del flying shuttle, fu tutto un susseguirsi di nuovi telai e di nuovi filatoi, prima idraulici e poi mossi dalla forza motrice del vapore, ciascuno dei quali risolveva singole criticità che i precedenti mettevano in luce. Si può allora pensare che un deciso contributo sia venuto dal diffondersi della mentalità imprenditoriale, che alcuni economisti hanno posto in relazione con lo sviluppo del protestantesimo ed in particolare del puritanesimo. Quest'ultima variante cristiana poneva infatti l'accento sul successo economico come segno della benevolenza divina e imponeva una sobrietà di vita che consentiva margini di risparmio da reinvestire in nuove attività economiche. Connesso alla mentalità capitalistica c'è il tema delle opportunità offerte da un sistema politico istituzionale, quello inglese, che rispettava le libertà personali e consentiva alle forze economiche del paese di avere voce in capitolo sull'indirizzo di politica economica. Oltre a questo, l'impero coloniale inglese aveva involontariamente creato una vasta area di libero scambio relativamente stabile e ben collegata, che forniva straordinarie possibilità di successo economico a chi avesse le idee giuste da realizzare.  Per fortunata coincidenza l'Inghilterra era anche una terra ricca di giacimenti di ferro e di carbone, le materie prime che alimentarono la prima industrializzazione.Non va dimenticato neppure che il XVIII secolo è il periodo in cui vedono la luce le teorie economiche neoclassiche, che individuano alcuni meccanismi cruciali del funzionamento del sistema di creazione della ricchezza, aumentando la consapevolezza teorica sulle scelte più opportune per lo sviluppo industriale. L'Inghilterra infine aveva larga disponibilità di manodopera in seguito alla crescita demografica di inizio '700, parte della quale veniva espulsa dalle campagne in cui la trasformazione delle tecniche agricole aveva ridotto la capacità di assorbimento della forza lavoro. Questi lavoratori, sradicati dalla loro comunità di villaggio, si riversavano nelle città in cerca di un'occupazione mantenendo costantemente bassi i salari. Per tutte queste ragioni, e per molte altre che qui non è possibile ricordare, nel XVIII secolo si sono allineate in una congiuntura perfetta, in parte anche frutto della casualità, le condizioni necessarie perché il fenomeno dell'industrializzazione si mettesse (è proprio il caso di dirlo) in moto, dando avvio ad un'èra di progresso materiale senza precedenti, e consegnandoci al tempo senza ritorno delle macchine...

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