martedì 19 novembre 2019

4 - Complotti, massacri, penitenze e teste mozzate: l'età buia del sospetto

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La riforma protestante nasce come un moto di ribellione nei confronti della corruzione della Chiesa e con lo scopo di ricompattare il fronte cristiano intorno all'obiettivo religioso del ritorno alle origini. Il modello di società da prendere ad esempio pare, agli occhi dei protestanti, quello rappresentato dalla micro comunità formata da Gesù e dai dodici apostoli, fondata sulla semplicità, sulla povertà, sulla condivisione, sulla solidarietà, sulla pace. Se però valutiamo gli effetti concreti che la riforma protestante ha prodotto in Europa, ci rendiamo conto che lo slancio ideale di partenza ha generato un frutto avvelenato: guerre di religione in parte combattute a viso aperto sui campi di battaglia, ma anche una lunga età di fanatismo sotterraneo, di complotti, di massacri, di esecuzioni capitali, in un clima ossessivo di sospetto e di paura. In questa lezione faremo una panoramica riguardo alla situazione politica europea all'indomani della rottura della cristianità per le riforme luterana, anglicana e calvinista. Dovremo tener presente che la questione religiosa si sovrappone allo sforzo portato avanti da diverse monarchie europee di esercitare un potere tendenzialmente assoluto sui rispettivi stati, e della convinzione diffusa nella cultura del tempo che l'uniformità religiosa di un popolo costituisse il terreno più fertile per far attecchire l'assolutismo. D'altro canto la religiosità protestante, in particolare il presbiterianesimo, interferiva programmaticamente con l'esercizio del potere assoluto, là dove insegnava agli individui a rifiutare un'imposizione gerarchica dall'alto a tutto vantaggio di una investitura popolare dal basso per i ruoli di responsabilità all'interno di una comunità. A complicare ulteriormente il quadro c'è poi l'intricata rete di relazioni parentali praticamente tra tutte le monarchie europee, e la politica matrimoniale usata come strumento principe per influenzare dall'esterno la confessione religiosa di un Paese.
Se in Germania, dopo la pace di Augusta (1555) e l'abdicazione di Carlo V (1556), la situazione è tranquilla, almeno per alcuni decenni, lo stesso non si può dire per la Francia, l'Inghilterra-Irlanda e la Spagna. In Francia la monarchia vive un lungo periodo di debolezza a causa della morte prematura di diversi re consecutivi, per cui l'esercizio del potere passa nelle mani della regina madre Caterina de' Medici (per giunta straniera). La riforma macina fedeli anche qui, al punto che gli ugonotti giungono a pesare per il 20% sulla popolazione totale della Francia e sono in maggioranza in vaste aree del Paese; oltre a questo, sono organizzati e combattivi, anche perché godono del sostegno di alcune importanti famiglie aristocratiche, fatto che non stupisce perché era già avvenuto in area tedesca con il luteranesimo. La debolezza della monarchia ed una politica incerta ed ondivaga finiscono per esasperare il conflitto fra cattolici e ugonotti: conflitto non privo, peraltro, di risvolti politici. La notte di san Bartolomeo è certamente un eccidio che passa alla storia. Solo l'incredibile voltafaccia di Enrico IV di Borbone, capo della fazione ugonotta che disinvoltamente abiura passando al cattolicesimo, consente alla Francia di ritrovare pace e stabilità: l'editto di Nantes, o di tolleranza, promette una pacifica convivenza fra cattolici e protestanti, ma significativamente la colpa di aver imposto la tolleranza è lavata con il prezzo alto dell'assassinio del re ad opera di un fanatico.
In Inghilterra, dopo la morte di Enrico VIII, salgono al trono alternativamente sovrani anglicani e sovrani cattolici, ciascuno dei quali opera per disfare quello che è stato cominciato o per ripristinare ciò che era stato smantellato. La confusione è grande fino a quando l'ascesa di Elisabetta I Tudor fa pendere definitivamente il piatto della bilancia a favore dell'anglicanesimo. Ma non si dimentichi che l'Irlanda rimane cattolica e che in Scozia ritorna, dopo aver soggiornato per anni in Francia, una regina che è cattolica e si adopera con tutta se stessa per riportare il suo Paese al cattolicesimo. Questa regina, vedova del re di Francia, si chiama Mary Stuart. Sulla sua strada incontra un predicatore puritano, John Knox, che ha già infiammato il popolo portandolo al protestantesimo e che non perde occasione per attaccarla personalmente, screditandola agli occhi dei suoi sudditi. Ed in gioco non è solo il futuro della Scozia, ma anche dell'Inghilterra che è, sì, in mano dell'anglicana Elisabetta, ma la cui corona, tolta di mezzo Elisabetta, potrebbe unificarsi con quella di Scozia accentrando il potere nelle mani di Mary. Per questo intreccio di interessi, a cui non sono estranei paesi cattolici come la Spagna e la Chiesa, si arriva al paradosso di assistere ad una regina che fa eseguire una sentenza di morte nei confronti di un'altra regina, alla quale è, tra l'altro, imparentata: e la testa di Mary Stuart rotola sul pavimento, ma assieme ad essa è tutta la concezione divina del potere monarchico a subire un colpo mortale.
Filippo II di Spagna rappresenta l'idealtipo del sovrano controriformistico: fanatico, solitario, austero, dedito alla penitenza. Ossessionato dalla difesa del cattolicesimo in un mondo che va franando, controlla con la frusta dell'Inquisizione i propri sudditi, epura i moriscos costringendoli a lasciare il Paese, prova il colpo di mano sulle Fiandre, sotto il suo controllo, cercando di soffocare la riforma protestante che ormai dilaga. Ma non basta: si dà come missione sconfiggere i musulmani turchi, rinnovando lo spirito ormai fiacco di crociata, ed intromettersi nella politica interna dei Paesi protestanti per riportarli al cattolicesimo. E' da queste premesse che nasce la guerra anglo-spagnola della fine degli anni '80, con l'Invincibile Armata partita trionfalmente esibendo gli emblemi della fede che ritorna lacera, malconcia e sconfitta a dimostrare per l'ennesima volta, se ce ne fosse bisogno, che la storia non si ferma, che la storia non torna indietro...

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martedì 5 novembre 2019

3 - Il grande ribaltone: alle radici di un'Europa a due velocità



A chiunque oggi si metta a ragionare sulla distribuzione della ricchezza a livello globale, sulla possibilità per le persone di accedere al benessere, ai benefici della ricerca scientifica e della più avanzata tecnologia, di godere insomma di una vita libera e tutelata è inevitabile che venga in mente, per associazione di idee, uno schema che rappresenta un mondo nel quale il nord si contrappone al sud. Per noi è normale pensare a questa divisione, anche se certamente essa costituisce una drastica semplificazione della complessità del nostro tempo.
Ma se guardiamo al passato, ci rendiamo conto che non sempre il nord è stato sinonimo di avanzamento e benessere: le prime civiltà umane, lo sappiamo bene, sono nate in Medio Oriente; la Grecia ha dato vita ad una civiltà che ha lottato per sopravvivere all'aggressione dell'impero persiano, riuscendo poi a capovolgere a proprio vantaggio i rapporti di forza, ma con un baricentro sempre spostato a sud; Roma è stata la capitale di un impero mediterraneo, che guardava al settentrione come a luoghi lontani, perennemente avvolti nelle nebbie, abitati da popolazioni feroci, indisciplinate e ingovernabili. Nei lunghi secoli dell'antichità, il nord ha spesso rappresentato la barbarie, l'area da cui provenivano tribù primitive, ai margini della storia; il sud, invece, è stata la culla dell'Occidente, il filo ininterrotto di un discorso che giunge fino a noi ed è quello della civiltà.
Questo schema sopravvive nel Medioevo: ad un'Europa impoverita e rinselvatichita suggestivamente si contrappone lo splendore dell'impero arabo, vero erede della tradizione antica, una civiltà che rimette in circolo le migliori idee del passato e dà loro letteralmente una prospettiva di sopravvivenza con le traduzioni dal greco all'arabo e l'aggiunta di molti preziosi commenti. Nel basso Medioevo è l'Italia a rifiorire, mettendo in piedi manifatture, alimentando commerci che la trasformeranno nel giardino d'Europa, un giardino saldamente piantato al centro del Mediterraneo, mentre la Germania appare attardata, l'Inghilterra un paese di pecorai che vende lana a chi sa trarne tessuti di inaudita raffinatezza. Allora quand'è che è avvenuto il sorpasso del sud da parte del nord? Come e perché è avvenuto il 'grande ribaltone'?
In questa lezione proviamo ad abbozzare una risposta. Molta importanza nel mettere sottosopra l'Europa l'ha avuta l'atlantizzazione, che ha desertificato le vie del commercio tradizionali, monopolizzate dall'Italia, e in particolare da Genova e Venezia, aprendo le rotte alternative dell'oceano. D'altro canto, sono la Spagna e il Portogallo, in prima battuta, a trarre i maggiori vantaggi dalle mutate vie del commercio, cioè paesi 'meridionali' quanto l'Italia, e anche paesi che, a ragione o a torto, proprio come l'Italia, oggi non rappresentano nell'immaginario collettivo l'archetipo dell'avanguardia economica, dell'avanzamento scientifico-tecnologico, dell'apertura sociale e culturale. Tutti ricordiamo l'odiosa sigla PIGS, che accomunava in un giudizio sprezzante Portogallo, Italia, Spagna e Grecia.
Frugando nel grande deposito del passato che è la storia, sembra rilevante, per rispondere alla nostra domanda, il tema della frattura della cristianità: i paesi che si aprono alla riforma sono essenzialmente paesi del nord Europa, mentre i paesi che rimangono obbedienti alla Chiesa di Roma sono quelli mediterranei. I primi, partendo dal presupposto del ritorno alla povertà e alla purezza delle origini, sono stimolati culturalmente dal bisogno di un'appropriazione individuale e critica dei testi sacri, e appaiono più aperti al nuovo, meno passivi nella ricezione di una verità elaborata da altri: atteggiamenti questi che sono alla base della rivoluzione della conoscenza che inizierà nel Seicento. L'Italia e la Spagna, invece, subiscono la stretta soffocante prodotta dalla Controriforma cattolica. La Chiesa tridentina si dà regole più chiare e stringenti, ma si propone anche l'obiettivo di mettere in piedi una gigantesca macchina di disciplinamento sociale e di controllo preventivo delle idee: suggestione, spettacolarizzazione, coinvolgimento emotivo, grande apparato scenico, una coralità liturgica che metta sotto gli occhi dei fedeli la potenza della Chiesa e la sua infallibilità. I casi di Giordano Bruno, Tommaso Campanella, Galileo Galilei sono troppo noti perché valga la pena di raccontarli. Pensare in maniera innovativa comincia ad essere un problema nell'Europa meridionale e questo è un fattore oggettivo di impoverimento.
Per l'Italia in particolare, poi, non va dimenticato il lungo, confuso e doloroso conflitto pluridecennale che va sotto il nome di 'guerre d'Italia'. Dal 1494 al 1559 in Italia è tutto un marciare di eserciti stranieri, un formarsi e disfarsi di alleanze anti-imperiali, anti-francesi, anti-spagnole, con la Chiesa ora a fare da facilitatore di un'aggregazione tra principati italiani, ora a strizzare l'occhio alla Francia, ora a piegare la testa di fronte all'imperatore  tedesco. Decenni di guerre disorientano e confondono: l'economia si inceppa, l'ottimismo rinascimentale, corroso in profondità, lascia il posto a cinismo e rassegnazione. Quando viene firmata la pace di Cateau Cambrésis, che assegna l'Italia, come un trofeo, alla Spagna, inizia per il nostro paese il duro tempo della riduzione a colonia, una lunga decadenza da cui sapremo rialzarci soltanto in anni recenti, quelli repubblicani del miracolo economico e del sorpasso (vero o presunto) del Regno Unito riguardo al PIL. Rimane una lezione importante per tutti noi, e ancora molto attuale: quanto sia alto il costo dell'oscurantismo, della paura delle novità, e dell'incapacità, tipica di chi pensa solo per sé e solo per l'immediato, di fare sistema in una prospettiva di lungo termine e per il bene comune...

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