lunedì 25 marzo 2019

12 - Il tempo della diplomazia: l'Italia del Magnifico equilibrio



Tra il Trecento ed il Quattrocento in Europa si affermano alcuni stati moderni, che sono il risultato di un processo - per lo più lento e faticoso - di riconquista, da parte delle rispettive monarchie, di territori divenuti autonomi di fatto nei secoli della disgregazione dell'impero carolingio. Questi nuovi protagonisti della politica europea sono la Francia, l'Inghilterra, la Spagna e il Portogallo. I primi due costruiscono la propria identità nei conflitti che, a più riprese, contrappongono le due sponde della Manica: dopo 250 anni circa, al termine di un ciclo di guerre culminato nella guerra dei Cent'anni, il cordone ombelicale che univa i due Paesi è definitivamente reciso e la storia di ciascuno seguirà traiettorie diverse. La successiva guerra tra la Francia e la Borgogna allarga i confini francesi e consolida la compattezza territoriale dello Stato in quel momento più forte d'Europa. Nella seconda metà del Quattrocento tanto la Francia quanto l'Inghilterra (quest'ultima dopo 30 anni di lotte di successione dinastica, passate alla storia sotto il nome di 'guerra della due rose') investiranno nella costruzione di un apparato burocratico centralizzato e assumeranno un ruolo importante nell'equilibrio politico europeo.
La Spagna e il Portogallo, invece, hanno una storia diversa, in primo luogo perché non hanno mai fatto parte dell'impero carolingio e non c'è quindi una degenerazione del sistema feudale da correggere. Lo stato moderno spagnolo si costituisce al termine di una lunga stagione di guerre combattute contro gli emirati arabi nella penisola iberica (Reconquista) e a seguito di un processo di fusione spontaneo tra regni confinanti, che ha risparmiato il Portogallo, compattatosi intorno alla figura carismatica del re portoghese Enrico il Navigatore. Sono proprio questi due Stati ad aprire all'Europa la via delle esplorazioni geografiche, che costituiscono un fortissimo fattore di discontinuità storica tra il Medioevo e l'età moderna. Dopo la scoperta dell'America, la Spagna acquisisce un potere enorme, in virtù di un flusso di ricchezze pressoché inesauribile su cui può contare in quanto monopolista dei traffici atlantici. Il regno dei sovrani cattolicissimi si avvia a vivere il proprio secolo d'oro, il Cinquecento.
Accanto a queste aree forti e proiettate dinamicamente verso il futuro, nel '400 l'Italia appare la bella addormentata d'Europa: è un territorio ancora ricchissimo, ma subisce la concorrenza dei nuovi pesi massimi della politica, coi quali stenta a rimanere competitiva perché troppo frammentata e perennemente coinvolta in conflitti locali; è il motore del pensiero, della cultura e dell'arte (siamo nell'età dell'Umanesimo e del Rinascimento), ma sul piano militare non può competere con le grandi monarchie nazionali. E quindi fa gola. Le guerre d'Italia scoppiano però solo alla fine del '400, nel 1494, e coinvolgeranno proprio gli Stati più forti d'Europa: Francia e Spagna.
Il '400 italiano è nettamente diviso in due momenti dalla pace di Lodi, del 1454. Nella prima fase Milano, Venezia, Firenze, Napoli e lo Stato pontificio si affrontano in continui conflitti senza esclusioni di colpi e sulla base di alleanze a geometria variabile: il risultato è che nessuno degli stati regionali nei quali l'Italia è divisa riesce ad affermarsi sugli altri. In alcuni momenti è Milano che sembra prevalere; in altri Venezia. Ma il timore che qualcuno, diventando troppo forte, finisca per unificare l'intera penisola spezza leghe solidissime, provoca bruschi voltafaccia e disinvolti salti della barricata. La pace di Lodi sancisce appunto la solenne rinuncia, da parte degli stati regionali, alle pretese di unificazione dell'Italia sotto un'unica monarchia. Questa affermazione di principio viene incardinata in un sistema che prevedeva l'immediata azione coordinata di tutti gli stati italiani contro lo stato che per primo si fosse abbandonato alla violazione del principio di equilibrio. Lorenzo il Magnifico, che governa Firenze tra il 1469 e il 1492, è il politico italiano che rappresenta più compiutamente lo spirito della pace di Lodi e che venne definito l'ago della bilancia della politica italiana, per la sua abilità diplomatica e la sua capacità di disinnescare crisi potenziali o in atto. La sua opera di infaticabile mediatore regala all'Italia decenni di relativa pace e di fioritura artistica e culturale, che costituiscono ancora oggi il contributo più straordinario che il nostro Paese ha da offrire al mondo, oggetto di inesauribile ammirazione per il genio italiano. Però, su un altro versante, gli anni successivi alla pace di Lodi condannano l'Italia all'irrilevanza politica, ad una lunghissima stagione di decadenza e all'asservimento alle più forti monarchie nazionali europee.
Dopo la morte di Lorenzo, l'equilibrio perfetto si rompe e l'Italia si trasforma in un campo di battaglia per oltre 60 anni, fino a quando la pace di Cateau-Cambrésis del 1559 assegnerà alla Spagna l'egemonia sul nostro Paese. Bisognerà aspettare tre secoli perché il timone dell'Italia torni nelle mani degli italiani, un popolo a quel punto non più ricco, non più avanzato né sul piano tecnologico né su quello culturale e sociale, certamente non più alla testa dell'Europa...

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mercoledì 13 marzo 2019

11 - Nazioni e cannoni: il nostalgico tramonto del Medioevo



Dopo la morte di Federico II di Svevia, i suoi eredi tentano per alcuni anni di portare avanti gli ambiziosi progetti ghibellini di restaurazione dell'Impero universale. Tuttavia, Corrado, Manfredi e Corradino vengono sistematicamente  sconfitti ed escono di scena. Mentre la Chiesa festeggia l'ennesimo trionfo, delle ambizioni imperiali si perdono le tracce: negli anni successivi al 1266 gli imperatori tedeschi appaiono sempre più incapaci di incidere nella politica europea e si trovano a barcamenarsi con difficoltà all'interno del caotico mondo tedesco. Fra tutti i protagonisti del secolo che va dalla morte di Corradino alla Bolla d'Oro (1356), vale la pena ricordare soltanto Enrico VII di Lussemburgo: in lui Dante aveva riposto le speranze di rientrare nella sua amata Firenze dopo circa un decennio di esilio; ma la spedizione in Italia di questo volenteroso imperatore finisce improvvisamente nel 1313 a Buonconvento, presso Siena. I Comuni, lungi dal piegarsi alle pretese imperiali, continuano a prosperare, e il sistema feudale nel centro-nord del Paese appare ormai superato. La Bolla d'Oro, in concreto, stabilisce definitivamente le regole per l'elezione dell'imperatore, ma il suo significato è ben altrimenti profondo: essa sancisce la chiusura del mondo tedesco in se stesso, e la rinuncia a qualunque velleità universalistica.
Quello che invece non ci si aspetta è il rapido deteriorarsi dei rapporti - tradizionalmente eccellenti - tra la Santa Sede e la monarchia francese, che - non dimentichiamolo - è appena stata beneficiata dalla Chiesa con l'attribuzione del trono di Napoli ad un fratello dello stesso re, Carlo d'Angiò. Per comprendere questo scontro, dobbiamo distinguere tra cause occasionali e cause profonde. Tra le prime va registrata la decisione di Filippo IV di Valois, noto con il soprannome di Filippo il Bello, di imporre le decime al clero francese: a questo affronto Bonifacio VIII - papa odiato tanto da Dante quanto da Jacopone da Todi - risponde con l'indizione del primo giubileo della storia, ostentazione muscolare dell'influenza che la Chiesa esercita sui fedeli, e con la bolla "Unam sanctam" del 1302. L'esito del conflitto è sconcertante: la condanna lanciata da Bonifacio VIII a Filippo il Bello cade nel nulla, mentre la corona francese riesce abilmente a umiliare il papa imprigionandolo nella sua residenza di Anagni. I cristiani rimangono a guardare. Cosa è cambiato dai tempi di Canossa, quando Enrico IV si era prostrato nella neve implorando il perdono?
La risposta a questa domanda ci porta ad individuare la cause profonde della crisi Francia-Chiesa. Lentamente, in Europa tutto sta cambiando: tramontano i plurisecolari protagonisti del Medioevo, la Chiesa e l'Impero, è giunta l'alba dell'Europa degli Stati-Nazione. Alcune monarchie europee sono da tempo impegnate in una faticosa riconquista dei territori ormai autonomi de facto per il collasso del sistema di controllo feudale. Ciò avviene in Inghilterra, sotto Enrico II il Plantageneto, e in Francia, sotto Filippo II Augusto e i suoi successori, Luigi VIII e Luigi IX il santo. Gli stati moderni si dotano di uffici burocratici centralizzati, di un esercito permanente, di un efficace sistema di riscossione delle tasse e di amministrazione della giustizia. Si cerca di contrastare la tendenza tipicamente feudale alla delega alla nobiltà di funzioni proprie dello Stato. Il risultato è la trasformazione del concetto stesso di monarchia: da re magistrato a re taumaturgo, insediato sul trono per diritto divino.
Lo stato moderno ha bisogno di ingenti risorse finanziarie e questo spiega l'attacco di Filippo il Bello ai privilegi degli ecclesiastici francesi. La debolezza della Chiesa si manifesta improvvisamente in tutta la sua evidenza. E sarà la cattività avignonese (1309-77): sette papi francesi e il trasloco della curia pontificia nella città situata alla foce del Rodano. Solo l'indebolimento della monarchia francese consente a Gregorio XI di riportare a Roma la capitale della cristianità, che - peraltro - pagherà questo tradimento con 40 anni di Grande Scisma, o Scisma d'Occidente (1378-1418).
Causa del temporaneo declino francese è la guerra dei Cent'anni, che scoppia all'atto dell'invasione inglese della Francia (1337). Questo lunghissimo conflitto è il laboratorio della modernità: vi si sperimentano nuove armi (l'arco lungo, la balestra, la bombarde e i cannoni) e nuovi modi di combattere. Tramonta la gloriosa cavalleria pesante che aveva fatto grande l'esercito franco sin dai tempi di Carlo Magno. In guerra non c'è più spazio per il coraggio, l'onore, l'eleganza del gesto tecnico: si muore colpiti da lontano, senza riguardo al merito individuale. Così, almeno, lamenta Ludovico Ariosto in un canto dell'Orlando furioso. La guerra, che si risolve nel 1453 con la vittoria di Carlo VII di Francia, tempra l'identità nazionale inglese e francese. A questi due Stati, ormai dotati di una fisionomia precisa, si somma la Spagna, che nasce da un matrimonio dinastico tra Ferdinando d'Aragona e Isabella di Castiglia (1469) e si forgia nella lotta contro il superstite sultanato nasrida di Granada. Dopo l'ultima vittoria sui musulmani, i sovrani spagnoli assumeranno l'appellativo di re cattolicissimi...
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