La storia di Atene non è in origine molto diversa da quella delle altre
poleis della Grecia continentale: si tratta pur sempre di una città-stato che, dopo
una remota fase monarchica, vive nell'età arcaica una stagione in cui è un ristretto ceto aristocratico a monopolizzare le diverse magistrature e a contare nelle assemblee elettive. Nel 594, però, la
riforma di Solone introduce un elemento di novità, destinato a futuri sviluppi: essa determina il passaggio dal criterio gentilizio al
criterio timocratico (o plutocratico) per l'individuazione della classe dirigente. Chi vive con redditi da lavoro (teti) esercita i diritti elettorali attivi, può cioè votare chi assumerà incarichi istituzionali; chi vive con rendite patrimoniali (pentacosiomedimni, cavalieri, zeugiti) esercita i diritti elettorali passivi, può cioè essere eletto alle magistrature in ragione della consistenza del suo patrimonio.
Nonostante questa discriminazione, la riforma di Solone ha il merito di individuare
una comunità politica allargata: tutti coloro che sono nati ad Atene da genitori ateniesi partecipano in ogni caso ai lavori dell’
ecclesìa, cioè all’assemblea degli aventi diritti al voto, e all’
elia, cioè ad un collegio con funzioni giudiziarie. In questo modo la storia di Atene comincia a differenziarsi rispetto a quella del resto della Grecia, dove il governo rimane saldamente in mano ad una classe aristocratica più o meno allargata.
La stagione del
tiranno Pisistrato (561-528) è una prova delle persistenti tensioni sociali, una testimonianza che qualcosa nella riforma non funzionò a dovere...
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