Dopo la morte di Federico II di Svevia, i suoi eredi tentano per alcuni anni di portare avanti gli ambiziosi progetti ghibellini di restaurazione dell'Impero universale. Tuttavia, Corrado, Manfredi e Corradino vengono sistematicamente sconfitti ed escono di scena. Mentre la Chiesa festeggia l'ennesimo trionfo, delle ambizioni imperiali si perdono le tracce: negli anni successivi al 1266 gli imperatori tedeschi appaiono sempre più incapaci di incidere nella politica europea e si trovano a barcamenarsi con difficoltà all'interno del caotico mondo tedesco. Fra tutti i protagonisti del secolo che va dalla morte di Corradino alla Bolla d'Oro (1356), vale la pena ricordare soltanto Enrico VII di Lussemburgo: in lui Dante aveva riposto le speranze di rientrare nella sua amata Firenze dopo circa un decennio di esilio; ma la spedizione in Italia di questo volenteroso imperatore finisce improvvisamente nel 1313 a Buonconvento, presso Siena. I Comuni, lungi dal piegarsi alle pretese imperiali, continuano a prosperare, e il sistema feudale nel centro-nord del Paese appare ormai superato. La Bolla d'Oro, in concreto, stabilisce definitivamente le regole per l'elezione dell'imperatore, ma il suo significato è ben altrimenti profondo: essa sancisce la chiusura del mondo tedesco in se stesso, e la rinuncia a qualunque velleità universalistica.
Quello che invece non ci si aspetta è il rapido deteriorarsi dei rapporti - tradizionalmente eccellenti - tra la Santa Sede e la monarchia francese, che - non dimentichiamolo - è appena stata beneficiata dalla Chiesa con l'attribuzione del trono di Napoli ad un fratello dello stesso re, Carlo d'Angiò. Per comprendere questo scontro, dobbiamo distinguere tra cause occasionali e cause profonde. Tra le prime va registrata la decisione di Filippo IV di Valois, noto con il soprannome di Filippo il Bello, di imporre le decime al clero francese: a questo affronto Bonifacio VIII - papa odiato tanto da Dante quanto da Jacopone da Todi - risponde con l'indizione del primo giubileo della storia, ostentazione muscolare dell'influenza che la Chiesa esercita sui fedeli, e con la bolla "Unam sanctam" del 1302. L'esito del conflitto è sconcertante: la condanna lanciata da Bonifacio VIII a Filippo il Bello cade nel nulla, mentre la corona francese riesce abilmente a umiliare il papa imprigionandolo nella sua residenza di Anagni. I cristiani rimangono a guardare. Cosa è cambiato dai tempi di Canossa, quando Enrico IV si era prostrato nella neve implorando il perdono?
La risposta a questa domanda ci porta ad individuare la cause profonde della crisi Francia-Chiesa. Lentamente, in Europa tutto sta cambiando: tramontano i plurisecolari protagonisti del Medioevo, la Chiesa e l'Impero, è giunta l'alba dell'Europa degli Stati-Nazione. Alcune monarchie europee sono da tempo impegnate in una faticosa riconquista dei territori ormai autonomi de facto per il collasso del sistema di controllo feudale. Ciò avviene in Inghilterra, sotto Enrico II il Plantageneto, e in Francia, sotto Filippo II Augusto e i suoi successori, Luigi VIII e Luigi IX il santo. Gli stati moderni si dotano di uffici burocratici centralizzati, di un esercito permanente, di un efficace sistema di riscossione delle tasse e di amministrazione della giustizia. Si cerca di contrastare la tendenza tipicamente feudale alla delega alla nobiltà di funzioni proprie dello Stato. Il risultato è la trasformazione del concetto stesso di monarchia: da re magistrato a re taumaturgo, insediato sul trono per diritto divino.
Lo stato moderno ha bisogno di ingenti risorse finanziarie e questo spiega l'attacco di Filippo il Bello ai privilegi degli ecclesiastici francesi. La debolezza della Chiesa si manifesta improvvisamente in tutta la sua evidenza. E sarà la cattività avignonese (1309-77): sette papi francesi e il trasloco della curia pontificia nella città situata alla foce del Rodano. Solo l'indebolimento della monarchia francese consente a Gregorio XI di riportare a Roma la capitale della cristianità, che - peraltro - pagherà questo tradimento con 40 anni di Grande Scisma, o Scisma d'Occidente (1378-1418).
Causa del temporaneo declino francese è la guerra dei Cent'anni, che scoppia all'atto dell'invasione inglese della Francia (1337). Questo lunghissimo conflitto è il laboratorio della modernità: vi si sperimentano nuove armi (l'arco lungo, la balestra, la bombarde e i cannoni) e nuovi modi di combattere. Tramonta la gloriosa cavalleria pesante che aveva fatto grande l'esercito franco sin dai tempi di Carlo Magno. In guerra non c'è più spazio per il coraggio, l'onore, l'eleganza del gesto tecnico: si muore colpiti da lontano, senza riguardo al merito individuale. Così, almeno, lamenta Ludovico Ariosto in un canto dell'Orlando furioso. La guerra, che si risolve nel 1453 con la vittoria di Carlo VII di Francia, tempra l'identità nazionale inglese e francese. A questi due Stati, ormai dotati di una fisionomia precisa, si somma la Spagna, che nasce da un matrimonio dinastico tra Ferdinando d'Aragona e Isabella di Castiglia (1469) e si forgia nella lotta contro il superstite sultanato nasrida di Granada. Dopo l'ultima vittoria sui musulmani, i sovrani spagnoli assumeranno l'appellativo di re cattolicissimi...
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Rispondo alle domande della volta scorsa:
RispondiElimina1) il Concilio di Trento si è aperto nel 1545 e si è chiuso nel 1563, ma ha subito varie interruzioni;
2) la Navarra è una comunità autonoma dei Paesi Baschi. La sua storia è in parte legata alla Spagna, in parte alla Francia. Dal XII secolo all'età dell'unificazione spagnola, la Navarra alterna lunghi periodi di dominazione aragonese e castigliana a brevi periodi di indipendenza. Dopo la formazione della Spagna, si spacca nella Navarra spagnola e in quella francese. La parte francese resterà formalmente autonoma ma sottomessa ai re di Francia, fino a quando non sarà definitivamente annessa.