martedì 5 novembre 2019
3 - Il grande ribaltone: alle radici di un'Europa a due velocità
A chiunque oggi si metta a ragionare sulla distribuzione della ricchezza a livello globale, sulla possibilità per le persone di accedere al benessere, ai benefici della ricerca scientifica e della più avanzata tecnologia, di godere insomma di una vita libera e tutelata è inevitabile che venga in mente, per associazione di idee, uno schema che rappresenta un mondo nel quale il nord si contrappone al sud. Per noi è normale pensare a questa divisione, anche se certamente essa costituisce una drastica semplificazione della complessità del nostro tempo.
Ma se guardiamo al passato, ci rendiamo conto che non sempre il nord è stato sinonimo di avanzamento e benessere: le prime civiltà umane, lo sappiamo bene, sono nate in Medio Oriente; la Grecia ha dato vita ad una civiltà che ha lottato per sopravvivere all'aggressione dell'impero persiano, riuscendo poi a capovolgere a proprio vantaggio i rapporti di forza, ma con un baricentro sempre spostato a sud; Roma è stata la capitale di un impero mediterraneo, che guardava al settentrione come a luoghi lontani, perennemente avvolti nelle nebbie, abitati da popolazioni feroci, indisciplinate e ingovernabili. Nei lunghi secoli dell'antichità, il nord ha spesso rappresentato la barbarie, l'area da cui provenivano tribù primitive, ai margini della storia; il sud, invece, è stata la culla dell'Occidente, il filo ininterrotto di un discorso che giunge fino a noi ed è quello della civiltà.
Questo schema sopravvive nel Medioevo: ad un'Europa impoverita e rinselvatichita suggestivamente si contrappone lo splendore dell'impero arabo, vero erede della tradizione antica, una civiltà che rimette in circolo le migliori idee del passato e dà loro letteralmente una prospettiva di sopravvivenza con le traduzioni dal greco all'arabo e l'aggiunta di molti preziosi commenti. Nel basso Medioevo è l'Italia a rifiorire, mettendo in piedi manifatture, alimentando commerci che la trasformeranno nel giardino d'Europa, un giardino saldamente piantato al centro del Mediterraneo, mentre la Germania appare attardata, l'Inghilterra un paese di pecorai che vende lana a chi sa trarne tessuti di inaudita raffinatezza. Allora quand'è che è avvenuto il sorpasso del sud da parte del nord? Come e perché è avvenuto il 'grande ribaltone'?
In questa lezione proviamo ad abbozzare una risposta. Molta importanza nel mettere sottosopra l'Europa l'ha avuta l'atlantizzazione, che ha desertificato le vie del commercio tradizionali, monopolizzate dall'Italia, e in particolare da Genova e Venezia, aprendo le rotte alternative dell'oceano. D'altro canto, sono la Spagna e il Portogallo, in prima battuta, a trarre i maggiori vantaggi dalle mutate vie del commercio, cioè paesi 'meridionali' quanto l'Italia, e anche paesi che, a ragione o a torto, proprio come l'Italia, oggi non rappresentano nell'immaginario collettivo l'archetipo dell'avanguardia economica, dell'avanzamento scientifico-tecnologico, dell'apertura sociale e culturale. Tutti ricordiamo l'odiosa sigla PIGS, che accomunava in un giudizio sprezzante Portogallo, Italia, Spagna e Grecia.
Frugando nel grande deposito del passato che è la storia, sembra rilevante, per rispondere alla nostra domanda, il tema della frattura della cristianità: i paesi che si aprono alla riforma sono essenzialmente paesi del nord Europa, mentre i paesi che rimangono obbedienti alla Chiesa di Roma sono quelli mediterranei. I primi, partendo dal presupposto del ritorno alla povertà e alla purezza delle origini, sono stimolati culturalmente dal bisogno di un'appropriazione individuale e critica dei testi sacri, e appaiono più aperti al nuovo, meno passivi nella ricezione di una verità elaborata da altri: atteggiamenti questi che sono alla base della rivoluzione della conoscenza che inizierà nel Seicento. L'Italia e la Spagna, invece, subiscono la stretta soffocante prodotta dalla Controriforma cattolica. La Chiesa tridentina si dà regole più chiare e stringenti, ma si propone anche l'obiettivo di mettere in piedi una gigantesca macchina di disciplinamento sociale e di controllo preventivo delle idee: suggestione, spettacolarizzazione, coinvolgimento emotivo, grande apparato scenico, una coralità liturgica che metta sotto gli occhi dei fedeli la potenza della Chiesa e la sua infallibilità. I casi di Giordano Bruno, Tommaso Campanella, Galileo Galilei sono troppo noti perché valga la pena di raccontarli. Pensare in maniera innovativa comincia ad essere un problema nell'Europa meridionale e questo è un fattore oggettivo di impoverimento.
Per l'Italia in particolare, poi, non va dimenticato il lungo, confuso e doloroso conflitto pluridecennale che va sotto il nome di 'guerre d'Italia'. Dal 1494 al 1559 in Italia è tutto un marciare di eserciti stranieri, un formarsi e disfarsi di alleanze anti-imperiali, anti-francesi, anti-spagnole, con la Chiesa ora a fare da facilitatore di un'aggregazione tra principati italiani, ora a strizzare l'occhio alla Francia, ora a piegare la testa di fronte all'imperatore tedesco. Decenni di guerre disorientano e confondono: l'economia si inceppa, l'ottimismo rinascimentale, corroso in profondità, lascia il posto a cinismo e rassegnazione. Quando viene firmata la pace di Cateau Cambrésis, che assegna l'Italia, come un trofeo, alla Spagna, inizia per il nostro paese il duro tempo della riduzione a colonia, una lunga decadenza da cui sapremo rialzarci soltanto in anni recenti, quelli repubblicani del miracolo economico e del sorpasso (vero o presunto) del Regno Unito riguardo al PIL. Rimane una lezione importante per tutti noi, e ancora molto attuale: quanto sia alto il costo dell'oscurantismo, della paura delle novità, e dell'incapacità, tipica di chi pensa solo per sé e solo per l'immediato, di fare sistema in una prospettiva di lungo termine e per il bene comune...
Per visualizzare la presentazione di questa lezione, clicca qui!
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