Per visualizzare la presentazione di questa lezione, clicca qui!
La parola “piombo” richiama alla mente un metallo pesante, freddo, opaco. Ma nell’Italia tra il 1969 e il 1982 quel piombo ha un suono sinistro, tragico: è quello degli spari nelle piazze, delle esplosioni nelle banche, delle pallottole che mettono fine a vite e speranze. È un'epoca in cui la tensione politica si fa materia incandescente, attraversando il corpo della società come una febbre violenta.
Tutto comincia molto prima, sulle macerie della Seconda guerra mondiale. L’Italia liberata nel 1945 è un paese povero, lacerato, ma anche animato da una straordinaria energia. Si avvia la ricostruzione, si scrive la Costituzione, si vota per la Repubblica e, nel 1948, si tengono le prime elezioni democratiche in un clima già avvelenato dallo scontro ideologico tra Est e Ovest. L’aiuto americano del Piano Marshall, l’ingresso nella NATO e l’avvio del miracolo economico sembrano promettere una nuova stagione di stabilità e benessere.
Ma sotto la superficie luccicante delle lavatrici e delle automobili, qualcosa ribolle. I movimenti operai, soprattutto nel Nord industriale, cominciano a pretendere non solo salari, ma dignità. Gli studenti, nel Sessantotto, invocano libertà, immaginazione, nuovi orizzonti. È una generazione che rifiuta di accettare il mondo così com’è. Ma a quella spinta ideale si affianca, presto, un lato oscuro.
L’Italia entra in un’epoca che qualcuno ha definito “guerra civile a bassa intensità”. Le piazze si infiammano. Le stragi di Stato, come quella di Piazza Fontana (1969), aprono la stagione del sospetto. La cosiddetta strategia della tensione si propone – secondo molti – di generare paura per giustificare una stretta autoritaria. Gruppi neofascisti come Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale colpiscono con bombe e attentati. Dall’altra parte, fioriscono sigle della sinistra rivoluzionaria: tra tutte le Brigate Rosse, protagoniste del sequestro e dell’omicidio di Aldo Moro nel 1978.
Non è solo una storia di sangue. È anche la parabola di una generazione che si illudeva di poter cambiare il mondo con la forza. Nelle università, nelle case occupate, nei collettivi, si teorizza una nuova società; ma spesso, a fianco dei libri, si affilano le armi. Emergono figure controverse: Toni Negri, Adriano Sofri, Curcio e Cagol. I cosiddetti “cattivi maestri” che, con il loro carisma e la loro retorica, ispirano molti giovani a imboccare la via della lotta armata.
Anche l’estrema destra, d’altro canto, agisce nell’ombra. Si muove tra piazze come San Babila, simbologie fasciste e connessioni con apparati deviati dello Stato. Il tentato golpe Borghese, la rete clandestina Gladio, il misterioso Piano Solo gettano un’ombra inquietante sulle istituzioni democratiche.
Alla fine, l’Italia uscirà da quel tunnel non con la rivoluzione, ma con il riflusso. Saranno gli anni Ottanta, con la loro televisione commerciale, la pubblicità, il consumismo sfrenato, a spegnere i fuochi delle ideologie. Si impongono nuovi idoli: l’efficienza, la bellezza, il successo. Il sogno del Sessantotto si dissolve nei riflettori di Drive In.
Ma il piombo resta. Nella memoria, nelle cicatrici, nelle biografie spezzate. E nel bisogno – oggi più che mai – di riconoscere, capire, riflettere. Perché se la storia non è maestra, almeno può essere specchio...
Nessun commento:
Posta un commento