Mentre in Occidente continua l'emorragia di abitanti che dalle città fuggono in direzione delle campagne, in un paesaggio che va sempre più rinselvatichendo, ad Oriente la civiltà greco-romana, dopo la paura per le invasioni barbariche, torna a prosperare. A Costantinopoli c'è chi concepisce progetti ambiziosi: ora che si sono fatti i compiti per casa (riforme strutturali da lungo tempo attese, come la sintesi ordinata di tutte le leggi prodotte da almeno tre secoli, la lotta alle eresie che incrinano la compattezza dello Stato, il consolidamento dell'esercito e provvedimenti che favoriscono la crescita economica), ora che tutto sembra tornato a posto come sempre, come in fondo era ragionevole aspettarsi e non poteva non accadere, è arrivato il momento di reimpossessarsi di ciò che è di diritto territorio romano, sottratto temporaneamente dalla ferocia dei barbari alla disponibilità dell'unico, vero imperatore; anzi, da lui benevolmente concesso ai capi goti, alamanni, franchi, vandali, burgundi affinché lo governassero in nome e per conto dell'unica autorità politica legittimata ad esercitare il potere, cioè la sua. E' tempo di renovatio imperii.
E la vittoria della pacata ragione della civiltà sulla brutalità appare all'inizio fin troppo facile. I Vandali, che avevano fatto tremare il mondo, si sfaldano in pochi mesi sotto i colpi di un generale competente e determinato, Belisario, e non lasceranno nella storia altra eredità che il ricordo sempre più sbiadito della loro ferocia e della loro inadeguatezza a comprendere la civiltà che avevano contribuito a distruggere. La lotta contro gli Ostrogoti è più lunga e complessa, e si divide in un primo e in un secondo tempo: dapprima le truppe bizantine dilagano con una certa facilità in Italia, per poi incontrare una inattesa capacità di resistenza, che prolunga di diversi anni la soluzione del conflitto ed il solenne momento della prammatica sanzione, la riunificazione delle due Rome, l'ovest riportato dentro all'impero dall'est.
Per quanto in palio ci sia la liberazione dalla schiavitù dei barbari, la guerra greco-gotica non vede tutta la componente etnica romana schierarsi compatta contro gli Ostrogoti: in parte perché la guerra comporta comunque ulteriore rovina e distruzione in un momento in cui era parsa possibile una pacifica coesistenza tra conquistatori e conquistati; in parte perché alcuni temono che le loro condizioni di vita, sotto l'impero bizantino, peggioreranno. Ci sono poi striscianti tensioni tra le autorità ecclesiastiche: da un lato il vescovo di Roma, che vanta di custodire le tombe di san Pietro e san Paolo, e di essere il vero vicario di Cristo in terra; dall'altra il patriarca di Costantinopoli, sempre più serrato nell'abbraccio mortale con l'imperatore bizantino. Questioni dottrinarie sottili e dibattute a colpi di argomenti capziosi contribuiscono ad allontanare le due sponde del Mediterraneo, temporaneamente riunificato sotto il protagonista indiscusso di questo ultimo scorcio di antichità; e il suo nome, nel bene o nel male, è diventato leggenda: Giustiniano...
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